il caso archetypes
il caso archetypes
Il caso Archetypes
Nello scorso numero di In Ascolto avevo inserito tra le new release della settimana il podcast Archetypes di Archewell Studio targato Meghan Markle. Abbastanza sicuro che sarebbe entrato in men che non si dica nel Top 5 mondiale di Spotify, non pensavo però di tornarci su in questo numero.
Archetypes, il podcast della duchessa di Sussex frutto di un accordo da 18 milioni di euro tra Archewell Studios e Spotify, è uscito con le sue prime due puntate. Meghan Markle ha avuto come prima ospite la campionessa di tennis Serena Williams e con lei avrebbe dovuto parlare di stereotipi ed etichette che imbrigliano la figura della donna nella concezione patriarcale del mondo. Di recente, infatti, la Williams ha dovuto scegliere di abbandonare il tennis giocato per dedicarsi alla sua famiglia. Una scelta che, a sua detta, non avrebbe dovuto prendere se fosse stato un uomo. A quanto pare, però, durante la puntata c’è stata poco Williams e molto Markle.
La conduttrice ha concentrato l’attenzione su di sé, sfogandosi su alcuni fatti avvenuti quando faceva parte della Royal Family, tra cui un incidente accaduto in Africa durante il Royal Tour a suo figlio Archie di appena 4 mesi. Poi aneddoti, frecciatine, accuse velate e allusioni verso i Windsor e la vita di corte. Alla Williams, e all’ambiguità delle sue ambizioni, tema centrale della puntata, solo 12 minuti in un ora totale.
Una deriva in parte già attenuata con la seconda puntata in cui Mariah Carey ha molto più spazio per esprimersi e in cui il dialogo su cosa significa essere una diva è stato sicuramente più interessante e paritario.
Tuttavia le critiche per la prima puntata, ovviamente, sono cadute a pioggia. Accusata di vittimismo, ipocrisia, egocentrismo e narcisismo, la Markle sembra non abbia superato il test della prima puntata. Parlando solo lei e solo di lei molti la accusano di voler sfruttare il podcast per colpire ulteriormente la Royal Family e, contemporaneamente, sfruttare l’immagine della Corona a fini economici. Questo in barba allo scopo del podcast, cioè quello di smascherare e decostruire i processi del patriarcato che limitano l’autodeterminazione femminile.
Il podcast, dunque, è risultato banale, noioso, narcisistico, senza un vero scopo né un’intenzione sincera. La Markle a parole vuole allontanarsi dalla bolla di privilegio e avvicinarsi alla “gente comune”. I fatti, però, dicono altro. Questa eccessiva autoreferenzialità, il parlare sempre della Royal Family (e di eventi sempre negativi, mai positivi), il non voler parlare della sua vita prima di conoscere il principe Harry e il voler includere sempre quest’ultimo in tutto ciò che fa (nella puntata c’è anche lui) non combacia affatto con l’intenzione della Markle.
Critiche e obiezioni, si. Ma nel frattempo Archetypes è al primo posto della classifica mondiale di Spotify. Come è possibile? Da una parte c’è la curiosità di un vastissimo pubblico che comunque, anche sapendo a cosa va incontro, vuole ascoltare per avere una sua opinione. Dall’altra c’è chi un’opinione ce l’ha già. Mark Borowski, esperto di gestione della reputazione, ha parlato circa la Markle e il suo podcast. Egli ha affermato che, mentre le generazioni precedenti non la capiscono, la Gen Z si ritroverebbe nei valori che predica e quindi vogliono ascoltarla nel suo podcast senza filtri né censure. Non è un caso che Spotify, nonostante la possibilità concreta di critiche ora divenute realtà, abbia voluto puntare sulla coppia reale.
La mia opinione personale è che la Markle abbia bisogno di trovare una sua voce sincera e originale, puntando su di sé come persona e non solo come ex membro della famiglia reale. Puntare fortemente sulle sue ospiti e su un apporto creativo diverso da quello che è stato presentato nella prima puntata. Una via che, all’ascolto della seconda puntata, sembra già più promettente.
Tutto questo non cambia il fatto che per ora Archetypes sia prima su Spotify e che abbia addirittura scalzato Joe Rogan. I numeri, però, come ben sappiamo non sempre sono sintomo e sinonimo di qualità.
appena sfornati
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È uscito Rivoluzionari in codice, il nuovo podcast targato Wired dedicato ai cambiamenti che internet sta operando sulla società e viceversa. Se, infatti, all’inizio il web era considerato una nuova e grande possibilità per la democrazia, ora il mondo gira al contrario ed è proprio il web a sostenere le politiche più anti-democratiche che ci siano.
Wired vuole raccontare questo complesso fenomeno in sei puntate tramite le storie di personaggi che hanno usato internet per ri-rovesciare il sistema e rivoluzionare la società: Assange, Swartz, Snowden, Manning e il collettivo Anonymous. Personalità che, nel bene e nel male, hanno cercato di cambiare la rete per tentare di salvare il futuro della democrazia.
Rivoluzionari in codice è scritto da Philip Di Salvo e condotto insieme a Federico Ferrazza ed è disponibile su tutte le piattaforme.
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Per gli appassionati di videogames è assolutamente imperdibile Brain Structure, il nuovo podcast originale Spotify dedicato al genio di Hideo Kojima. Considerato il primo vero autore per videogiochi in senso stretto, Kojima è famoso per aver progettato e scritto prima Metal Gear e poi Metal Gear Solid, due giochi che hanno fatto la storia del genere stealth.
Ora Kojima lancia il suo podcast per rivelare tutto ciò che c’è dietro l’ideazione e la scrittura di un gioco di successo e lo fa con la presenza di ospiti tra cui giornalisti, compositori e game creator.
Il podcast è prodotto in lingua inglese e giapponese ed è disponibile in esclusiva su Spotify.
- È uscito un nuovo podcast a tema sportivo e si chiama Linee – Dentro lo sport. A condurlo c’è Matteo Serra, il quale ogni martedì per trenta minuti circa ci conduce in un viaggio nello sport italiano. Lo scopo è quello di addentrarsi all’interno dei risvolti concreti che lo sport e gli eventi sportivi hanno sulla società, sull’economia e sulla cultura. Una partita di calcio non è mai solo una partita di calcio e tutto ciò che cammina parallelamente allo sport lo influenza e si lascia influenzare da esso.
Il podcast è prodotto da VOIS ed è disponibile su tutte le piattaforme.
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Tra qualche settimana uscirà il nuovo e decimo album di Björk, cantautrice e attivista islandese famosa per le sue notevoli capacità vocali e lo stile musicale e scenografico complesso ed eclettico. La compositrice per l’occasione ha deciso di fare un regalo hai propri fan lanciando un podcast dedicato alle proprie opere musicali. In Sonic Symbolism ogni puntata è dedicata all’analisi di uno dei suoi nove album precedenti. Un’analisi strutturale, tonale ma anche e soprattutto emotiva, realizzata in compagnia di ospiti come il filosofo Oddný Eir e il musicologo Àsmundur Jónsson.
Il podcast è prodotto da Mailchimp ed è disponibile su tutte le piattaforme.
news dal mondo podcast
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Un podcast fa condannare il colpevole!
Nel 2018 esce The Teacher’s Pet, un podcast true crime di Hedley Thomas dedicato all’assassinio di Lynette Dawson. Un omicidio avvenuto vicino Sydney circa 40 anni prima e di cui il principale sospetto è sempre stato il marito della vittima Christopher Dawson, fino a quando il caso fu chiuso senza alcuna incriminazione. A distanza di 40 in questi giorni la Corte Suprema australiana ha dichiarato in via definitiva Dawson colpevole dell’omicidio.Proprio nel maggio del 2018, quando il giornalista del The Austrialian Hedley Thomas ha pubblicato il podcast in questione la polizia ha deciso di riaprire il caso, ricominciando ad indagare su Dawson. Nel podcast Thomas sosteneva di aver scoperto nuove prove contro Dawson, il quale, secondo il giornalista, aveva ucciso la moglie per continuare a frequentarsi con una sua ex studentessa. Sempre Thomas, inoltre, sosteneva che le indagini non erano state effettuate correttamente dalla polizia e che la chiusura del caso fosse stato un grave errore. Il podcast è stato ascoltato da milioni di persone e, sempre nel 2018, a dicembre, Dawson fu arrestato e incriminato. I tempi coincidono ed è impossibile non supporre che l’apporto di Thomas e le sue nuove prove raccolte all’interno del podcast non abbiano aiutato in qualche modo la polizia a dare una svolta al caso. Non possiamo esserne certi, ovvio, ma ci piace pensare che sia andata proprio così.
- James Van Der Beek fa causa a SiriusXM
Lo storico protagonista di Dawson Creek, l’attore James Van Der Beek ha fatto causa all’azienda di broadcasting SiriusXM per un mancato introito di 700.000 dollari. La somma era il corrispettivo per la realizzazione di un podcast dedicato alla vita di attore e padre di Van Der Beek e che lui stesso avrebbe condotto. L’accordo prevedeva, per l’appunto, la realizzazione di un podcast da 40 puntate per un corrispettivo di 700.000 dollari, un’occasione ghiotta per l’attore dal punto di vista lucrativo e pubblicitario.
A quanto pare, però, SiriusXM ha deciso di tirarsi indietro in seguito ad una revisione di contratto non approvata dal team finanziario. L’attore ha quindi fatto causa all’azienda per danni.
Il caso è aperto e seguiranno aggiornamenti.
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Torna Maschiacci
Francesca Michielin torna col suo podcast Maschiacci targato Dog-Ear dedicato all’abbattimento degli stereotipi generati dalla cultura patriarcale. La prima stagione, incentrata sulla domanda “Per cosa lottano le donne oggi?” è stata un successo ed ha visto ospiti quali Carlotta Vagnoli, Michela Murgia e Matilda De Angelis. Per la seconda stagione Maschiacci si pone la domanda “Per cosa lottano le persone discriminate oggi?” estendendo ulteriormente i suoi orizzonti: oggetto dei dibattiti non sarà più solo la lotta delle donne per l’autodeterminazione bensì quella di tutte le persone soggette a discriminazioni sociali, culturali e linguistiche. Protagonisti principali saranno persone appartenenti alla comunità LGBTQI+ ma anche persone con disabilità e afrodiscendenti.
In Ascolto torna la prossima settimana con altre notizie e novita dal Mondo Podcast.
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